Giardino d’inverno
La tua busta
con i due francobolli gialli e rossi
ho piantato
in un vaso di fiori
Voglio
innaffiarlo ogni giorno
voglio che germoglino
le tue lettere
Belle
e tristi lettere
lettere
che di te hanno l’odore
Avrei dovuto
farlo prima
non ora
che l’anno si è inoltrato.
Erich Fried
Dalla vita/sono/andato nelle poesie/Dalle poesie/sono/andato nella vita/Quale via/sarà stata in fondo/la migliore?
Erich Fried, poeta ebreo scappato in Inghilterra dalla Germania nazista negli anni ‘30, lascia scorrere sulle sue pagine torrenti di speranza.
Conoscendo la sua storia, la sua poesia è sorprendente, è come potersi riposare in un luogo sicuro, stropicciarsi gli occhi e guardarsi intorno, pronti a mettere un po’ di ordine nello scatolone pieno di fogli sparsi qual è spesso la nostra mente.
La linea dei suoi versi è semplice e chiara, usa parole comuni come simbolo di ciò che altrimenti non potrebbe esprimere e, nonostante ciò, riesce a suggerirci il suo messaggio, sottovoce, senza essere invadente.
Negli anni non disdegna dal prendere posizione contro le ingiustizie (esemplare è quella contro la guerra del Vietnam) e lo fa, in ogni caso, in maniera quanto più obbiettiva, sorvolando dall’alto quella che è la realtà alla luce della storia.
Questa Vigilia di Natale Giardino d’inverno è un delicato augurio per tutti.
Fried ama l’amore e lo celebra in ogni suo alito e ogni sua forma, scrive poesie dirette e semplici, instancabili, realistiche, per combattere contro la grigia apatia di sentimenti e di futuro, certo che, nonostante la nebbia che fiorisce intorno, sia necessario ripartire dal nostro motore fondamentale, dalla materia prima, prima di poter fare ulteriori passi.
Qui il poeta si rivolge subito a una persona e una persona solamente, racchiudendo noi lettori nella sua penna e nella sua intimità, e con squisita dolcezza profumata di nostalgia fa una promessa:
la Cura.
La tua busta
con i due francobolli gialli e rossi
ho piantato
in un vaso di fiori
Voglio
innaffiarlo ogni giorno
voglio che germoglino
le tue lettere
Sottili quadratini di filigrana diventano simbolo di presupposti, di semi, di attesa. Simbolo di un qualcosa ricevuto per cui adesso E. vuole donare ancora di più. Simbolo magari di una persona con cui voler costruire qualcosina di più, ancora, mattoncino su mattoncino.
Avrei dovuto
farlo prima
non ora
che l’anno si è inoltrato.
Per questa Vigilia ritrovo tra i dolci lineamenti della poesia l’augurio del respiro, della ricerca di una promessa che già forse coviamo dentro noi e che aspetta solo la prima gocciolina d’acqua per poter germogliare. Voglio augurare a tutti di poter scrivere quelle lettere e di poter aver cura di quelle che riceviamo, giorno dopo giorno. Voglio augurare il ricordarsi dell’altro sempre, con leggerezza, in punta di piedi, senza dimenticarsi, per questo, di quegli occhi che ci contraccambiano lo sguardo allo specchio ogni mattina.
A volte una carezza è tutto ciò di cui si ha veramente bisogno.
Buon Natale,
Stefania